APPUNTI DI CINEMA: THE JUDGE di DAVID DOBKIN
Recensione di Dhany Coraucci
I film giudiziari sono la mia passione, adoro la tensione che si respira in quelle aule processuali, i colpi di scena che spaccano lo schermo, lo svelamento di verità nascoste che affiorano nebulose come un gas e gli interrogatori che tolgono il fiato. Nel mio cuore è proprio un film di questo genere a occupare uno spazio inviolato ormai da lungo tempo: Il Verdetto (1982) di Sidney Lumet interpretato da un magnifico Paul Newman di mezz’età. Dico subito che The Judge, in quanto film processuale, è distante dalla ricchezza emotiva che sprigiona il capolavoro di Lumet come la terra a Plutone, e questo è un vero peccato, perché non capita tutti i giorni di imbattersi in film che hanno come protagonisti un brillante giovane avvocato (Robert Downey Jr.) e un integerrimo, rude e tradizionalista giudice (Robert Duvall) uniti in aula da un’accusa di omicidio. Come dramma familiare, invece, il film che indaga su rapporti difficili tra padre e figlio è piuttosto interessante e c’è almeno una scena così cruda e vera nella sua sincerità quotidiana (il padre malato ha una brutta crisi e il figlio lo lava nella doccia, superando ogni imbarazzo e ogni riluttanza) da meritarsi un’attenzione speciale. E’ una storia, la loro, in cui molti si riconosceranno: per il padre, il figlio è una delusione sotto ogni punto di vista. Non importa se i fatti della vita dimostrano l’esatto contrario, continua imperterrito a sottostimarlo, a disapprovarlo. Nemmeno la malattia o il fatto che sia proprio il figlio ad occuparsi della sua difesa in aula (eh già, pare che l’irreprensibile tutelare della giustizia abbia commesso un omicidio) lo inteneriscono. E allora è davvero bello e commovente notare gli sforzi che, seppure riluttante, il figlio fa per trovare l’approvazione del padre, per cercare il suo amore. E’ una storia comune, siete d’accordo? Non comune, però, in un film americano di impianto piuttosto classico, è un finale un po’ scoraggiante, privo di una sdolcinata riappacificazione: se le persone cambiano, non cambiano mai fino a quel punto. Tutti gli attori sono bravissimi, compresi i fratelli, l’ex-fidanzata, la figlioletta e l’avvocato d’ufficio che è un vero spasso, ma nessuno di loro raggiunge la maestria dei due protagonisti e su tutti, il Robert figlio, bello e intrigante e tormentato nei suoi quasi 50 anni di passioni, sconfitte e vittorie reali, che affiorano sul suo viso, sempre scanzonato. Colonna sonora del grandissimo Thomas Newman, per me il migliore dei compositori.