APPUNTI DI CINEMA: Un Ragazzo d'Oro di Pupi Avati
Recensione di Dhany Coraucci
Vi dico subito che io amo Pupi Avati, perciò ho nei suoi confronti una specie di affetto inossidabile, qualunque sia la storia che decide di raccontare. In più lo ammiro per la sua ostinata abilità a rimanere in disparte, lontano, a volte anche lontanissimo, dagli altri registi italiani. Detto questo, le storie molto personali possono essere tanto affascinanti, quanto pericolose, se non si ha la forza di distaccarsene almeno un poco per dargli il giusto ritmo narrativo e poiché, come lui stesso ha dichiarato, questa è una storia autobiografica, purtroppo si avverte che il tema trattato, l’assenza del padre, è ancora una ferita aperta per lui, una fonte di dolore troppo grande, un tormento irrisolto. Vi entriamo dentro a piccoli passi contati (è la mania del protagonista Riccardo Scamarcio) superando via via gli esiti fallimentari delle sue aspirazioni di scrittore, della sua relazione amorosa (Cristiana Capotondi, tanto garbata nei lineamenti, quanto sciatta come attrice), della sua carriera di pubblicitario e infine del suo rapporto con un padre che non c’è stato, ma che soprattutto non c’è più. Forse se avessimo avuto maggiori informazioni su quel padre tanto odiato che per vivere scriveva sceneggiature di film comici beceri e sguaiati, come Pupi Avati, maestro dei piccoli grandi ritratti di uomini sconfitti e smarriti, è abilissimo a fare, il film avrebbe avuto quel respiro più ampio che meritava; e forse se avesse sfruttato meglio il talento e la bravura di Sharon Stone, relegata invece in un ruolo marginale e confuso di ultima amante del padre, il film avrebbe preso quota. Ma ha preferito concentrarsi sul figlio e, sempre a piccoli passi, seguirlo nel suo inferno personale di psicofarmaci, scatti di ira incontrollabili e delusioni, fino a fermarsi del tutto con la sua faticosa redenzione, trovata prima nello studio paterno a scrivere il romanzo mai scritto e poi in una casa di cura per malati mentali, lasciando al padre, come ultimo dono (e perdono) la gloria celebrata al suo talento. Anche nei confronti di Riccardo Scamarcio, che io considero l’attore italiano più bello di tutti, ho un' inalterabile condiscendenza, ma in questo caso, misurandosi in un ruolo impegnativo/ossessivo di una certa sgradevolezza, sono immune al suo fascino mentre affermo che è bravissimo, al di sopra della media italiana; da quando poi è diventato anche produttore di film indipendenti lo ritengo davvero….un ragazzo d’oro!